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Piero Alquati.....

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Messaggio  axel 27.04.11 21:19

ECCOVI IL BEL "PASTORE"
La bellezza consiste in un'armonia delle forme

Il cane da pastore tedesco è una razza molto diffusa, tuttavia la sua vera tipicità non è sempre pienamente conosciuta e rispettata. Casualmente allevata con scarsi rigori selettivi, insorgono somatologie atipiche che, purtroppo, divengono un modello per alcuni.
A volte, invece, sono responsabili gli spettacoli cinematografici prodotti impiegando soggetti poco tipici che soddisfano solo la fantasia del loro impreparato regista.
Una volta, ad un'importante esposizione, mi si avvicinò una signora e mi disse con aria sconsolata: "...sono venuta sino qua per vedere dei brutti pastori tedeschi: nessuno ha la coda arrotolata sul dorso come quelli della mia città...." e ci volle tutta la mia diplomatica pazienza per convincerla che i soggetti esposti avevano il portamento corretto della coda e non quelli della sua città.
Esclusi questi eccessi, ancora oggi il cane da pastore tedesco sollecita, in alcuni, fantasiosi ideali per la sua tipicità.
C'è chi lo immagina la reincarnazione di un lupo aggressivo, dal muso appuntito e dalle orecchie aguzze come una volpe, chi invece un grande e tracotante cane con una testa dalle fauci bramose. Altrettanta confusione solleva la sua vera indole scambiata con quella di un nevrotico corridore nei ring, oppure di un aggressivo difensore o di un poliziotto tutto fare.
Il cane da pastore tedesco, nato in Germania dalla fusione di diverse razze da gregge, ha subito evoluzioni per tradursi in quell'immagine, fiera e piacevole, che oggi è vanto dei soggetti migliori. Alla fine degli anni '800, quando gli allevatori iniziarono la sua selezione, già immaginavano le attuali forme della razza ma, per ottenerle, si è resa necessaria una lunga evoluzione.
Una tipicità che si raccoglie vivendo con i suoi più qualificati allevatori, ma anche in questi ambienti valgono le regole dettate dallo standard.
La lunghezza del tronco, maggiore dell'altezza al garrese, permette al cane da pastore tedesco di sviluppare ampi passi al trotto, così come l'altezza del torace, di poco inferiore alla distanza che va dalla punta del gomito a terra, per consentire la necessaria lunghezza ai suoi arti.
Il torace ha diametri trasversali e longitudinali di medio valore, un petto abbastanza aperto, un avampetto ben sviluppato; il suo costato ha una cerchiatura non eccessiva e, per dar spazio ai suoi organi vitali, è importante che sia profondo, delimitato inferiormente da un lungo sterno, quasi rettilineo. Uno sterno troppo corto gli conferirebbe un'immagine levrettata e diminuirebbe la capacità volumetrica del torace.
La zona renale deve essere piuttosto breve e solida.
Questo tipo di struttura si materializza in un tronco che soddisfa l'essenza di una razza tipicamente mesomorfa e, come tale, biologicamente predisposta ad un temperamento di media reattività, adatto a convivere con un'andatura resistente, retaggio del suo primitivo impiego: un laborioso cane da pastore. Condurre le greggi era un impegnativo compito che svolgeva con cura e soddisfazione e, una volta assolto, custodiva il casolare del pastore, il suo ovile e condivideva le gioie e la tranquillità della vita contadina. Fu questo l'ambiente che forgiò la polivalenza delle sue attitudini che ancor oggi apprezziamo.
L'evoluzione industriale invogliò a trasformare la sua immagine di rustico cane da pastore in una più elegante ed appariscente, per la vanagloria dei più raffinati giardini. Per questo si selezionarono i soggetti più docili ed equilibrati, con le orecchie erette, la coda lunga, diritta, ricca di frange e ben discesa evitando l'impiego dei più rozzi e ringhiosi.
La sua taglia è superiore alla media. L'altezza più apprezzata, misurata al garrese, è per i maschi di cm.63,5/64,5 mentre per le femmine di cm. 58,5/59,5. Il peso corrispondente, per i soggetti di questa taglia, è intorno ai kg.33/35 per i maschi e ai kg. 28/30 per femmine.
I soggetti troppo grandi sono deprezzati dallo standard perché meno resistenti e reattivi, così come i soggetti troppo piccoli perché inadatti all'impiego soprattutto svolgendo un lavoro di difesa e di attacco.
Una testa ben cesellata è senz'altro la principale garanzia della sua migliore espressione. Tipicamente mesocefala, i riscontri biometrici impongono che la larghezza sia la metà della sua lunghezza, così come la lunghezza del cranio deve essere equivalente alla lunghezza della sua canna nasale.
Le orecchie sono erette, il muso si restringe senza essere troppo appuntito perché produrrebbe un aspetto arrogante e non consentirebbe lo sviluppo di forti mascelle. Gli assi cranio-facciali paralleli, sono raccordati tra loro da un buon salto naso-frontale, un tartufo di buona superficie e nero, gli occhi di taglio non troppo laterale, un labbro ben pigmentato, gli conferiscono uno sguardo fiero che ispira fiducia e simpatia. Per vivere questa sensazione basta ricordare le espressioni del famoso "Rex" che gli permisero di conquistare la simpatia del pubblico.
Gli occhi di color marrone scuro concorrono a rendere la sua espressione sicura e penetrante, mentre gli occhi chiari e giallastri renderebbero il suo sguardo stridente come in un rapace. I denti forti, bianchi, sono un monito per il nemico, per il padrone la cornice di un ammiccante approccio festoso.
Il trotto è sicuramente uno degli aspetti più singolari della razza: espresso con falcate ampie e felpate, con un garrese giustamente rilevato e con la lunga coda lievemente rialzata, ha sempre suscitato l'ammirazione di tutti.
Generata dall'apertura dei suoi angoli posteriori, la spinta raccolta da una groppa lunga e giustamente scoscesa viene trasferita attraverso un tronco solido all'anteriore, dove si esprime con un ampio allungo.
Giusto complemento delle sue forme è il suo mantello formato da un pelo, semilungo e semivitreo, che compone una vivace superficie idrorepellente, sotto la quale cresce un caldo sottopelo lanoso.
La sella scende nera verso il profilo inferiore del torace, arricchita da intense focature di colore giallo caldo, rossastro o grigio. Non sono graditi i colori scialbi perché gli conferirebbero un'immagine monotona. Un pelo troppo corto gli darebbe l'aspetto di un muscoloso lottatore, un pelo lungo e lanoso lo ingentilirebbe e lo lascerebbe impregnare d'acqua mentre lavora nelle giornate di pioggia.
Indispensabile è la correttezza degli appiombi per consentirgli di procedere con un trotto fluido e costante.
Un collo robusto e ben sortito gli conferisce distinzione nel portamento e diviene, in movimento, un prezioso bilanciere da gestire con varie inclinazioni alle diverse andature.
Scapola ed omero brevi e poco inclinati, femore e tibia brevi e poco inclinati produrrebbero passi corti ed affrettati, limitando inesorabilmente il dinamismo e la resistenza di questo trottatore per eccellenza.
Anche i metacarpi giustamente flessi servono a raccogliere l'impatto col terreno prodotto dalle sue ampie falcate, mentre troppo rigidi gli procurerebbero dannosi intoppi, privandolo la sua andatura dell'aspetto dinamico e felpato che costituisce la sintesi di un gesto unico.
Non meno importante, per il completamento della sua totale tipicità, è il suo carattere che deve essere equilibrato, sicuro e vigile. Versatile nelle sue attitudini, difensore, attaccante, predisposto al lavoro di pista e di scovo, compagno fidato dal temperamento sportivo e, volendo, ideale conduttore delle greggi. Una vasta gamma di predisposizioni che, unite alle sue belle forme, fanno della razza, dopo molti anni dalla sua nascita, ancora una delle più ammirate ed apprezzate.

Piero Alquati








Storia ed evoluzione dell'allevamento italiano

IL BEL PASTORE TEDESCO
I riproduttori più importanti. Gli ultimi auslesi

All'esposizione internazionale di Milano, tenutasi dal 5 al 7 giugno del 1906, comparvero i primi pastori tedeschi sui ring italiani. Il vincitore tra i maschi fu Marx v. Mereningen e tra le femmine Minka v.d. Krone. Il primo pastore tedesco di proprietà di un italiano fu Wolf di Argentorarum dell'avvocato Costanzo Cagnola di Milano, iscritto al LOI nel 1908 con il N° 2423, mentre il primo pastore tedesco nato ed allevato in Italia fu Cremonae Taft, allevato dal cremonese Giuseppe Pettenazzi.
Intorno alla fine degli anni '40, cessata la seconda guerra mondiale, Alcide Ferrero, Maria D'Aulerio, Leonardo Gatto, Gobbi Danzio, Aldo Zuliani e Piero Fenili mossero i primi passi per la costituzione ed evoluzione della Società Speciale SAS, preposta alla selezione del cane da pastore tedesco in Italia.
Allora i grandi incontri della razza avvenivano alle Mostre internazionali di Varese, Monza, Bellagio. I Campionati della SAS si svolgevano a dicembre in un glaciale Vigorelli. Poi la Società speciale SAS, con l'organizzazione dei Raduni ritenuti più adatti alla selezione agonistica della razza, conquistò le simpatie degli appassionati.
Negli anni '50 e '60 il miglioramento e la conoscenza della razza vennero dai ripetuti contatti con la Germania, la cui Società speciale SV era condotta da Katzmeier prima e Funk poi: personaggi di rilievo, dotati di grande autorità, che giudicarono anche nel nostro Paese. Trox, Vice-presidente della SV, fu un altro Giudice maestro.
Ottime informazioni zoognostiche giunsero dagli insegnamenti del Solaro e dello Scanziani. Chi, però, fu più vicino alla razza e trasmise i suoi messaggi tecnici, fu Ignazio Barbieri che, in virtù di più approfondite intuizioni costituzionali, contribuì ad affinare la tecnica dell'accoppiamento in compensazione, allora indispensabile per migliorare la razza con l'utilizzo dei pregi antagonisti.
La grande svolta qualitativa della razza in Italia venne, negli anni '70, dall'opera di Walter Gorrieri che aveva intuito come ormai fosse inevitabile insegnare agli allevatori i dettami dell'anatomia, la valutazione funzionale e l'apprezzamento genealogico e genetico dei riproduttori, dottrine e criteri indispensabili per ottenere miglioramenti.
Da allora molto tempo è trascorso e, oggi, non tutti gli allevatori italiani sono consapevoli che la loro scuola origina dal pensiero e dagli insegnamenti di questi tecnici.
Approfondimenti sul carattere e sul comportamento della razza provennero da Fanfoni, da Roman, e da altri dediti al giudizio o alla partecipazione delle prove di lavoro, che educarono allevatori, figuranti e addestratori alla valutazione degli impulsi ed all'utilizzo degli istinti. Più avanti contribuirono a divulgare le tecniche rivolte a sfruttare l'istinto di preda piuttosto che l'istinto di difesa o di autodifesa. Quest'evoluzione fu una scelta necessaria per supplire ad una parziale caduta di tempra e di combattività della razza ma rappresentò anche una via più rapida d'addestramento, evitando l'utilizzo di elevati gradi di mordacità ormai inaccettabili in una razza che, avendo conquistato i favori del grosso pubblico, necessitava piuttosto d'equilibrio e di docilità.
L'Italia negli anni '70 poté vantare la presenza di grandissimi riproduttori come Dago Schloß Dahlhausen, Quanto Wienerau, Mutz Pelztierfarm, anche se i loro più apprezzati discendenti, per effetto di un più oculato impiego e di un più qualificato parco fattrici, nacquero in Germania.
Seguirono molti altri riproduttori d'elevato livello qualitativo tra cui Brix Pfaffenau, Rambo Reststrauch, Datscha e Grando Partersweg, Natz Arminius, Asslan Klämmle, Jalk Rheinhalle, Gundo Stettner Schlößli, Hero Lauerhof. Questi soggetti permisero di ottenere buoni discendenti di produzione italiana, alcuni qualificati Auslese in Germania.
Purtroppo gli allevatori e gli appassionati italiani sono, ancor oggi, vittime della "sindrome Germania". E' indubbio che l'allevatore italiano non può fruire dell'organizzazione e delle strutture di cui gode l'allevatore tedesco e necessita di confronti e rapporti con la patria della razza, ma una più disinibita conduzione selettiva procurerebbe grandi vantaggi, migliorando anche la considerazione dei propri riproduttori.
Una riprova viene dagli appassionati della razza del sud Italia che, in pochi anni, abbandonando le loro vetuste consuetudini, da sfruttati consumatori sono divenuti leader della selezione nazionale.
Il cane da pastore tedesco affronta spesso nell'ambito delle esposizioni canine, con coraggio e rassegnazione, il confronto con razze il cui impegno selettivo è, talvolta, unicamente morfologico. Tuttavia l'imposizione di onerosi e limitanti impegni selettivi ha permesso ai nostri soggetti di conquistare la considerazione internazionale, soprattutto in Germania che è non solo la nazione creatrice della razza, ma anche la sede di grandi comparazioni internazionali.
E' giusto ricordare che il titolo di Auslese è attribuibile a soggetti con eccezionali qualità morfologiche, in possesso del titolo di cane selezionato al quale si accede dopo aver riscontrato l'esenzione da displasia (è raccomandabile anche quella dei gomiti), superata la prova di resistenza ed ottenuto un brevetto in prove di lavoro. Il soggetto, inoltre, deve essere in possesso di brevetti di difesa di terzo grado, garantire la provenienza testando il suo DNA, provenire da genitori e nonni altrettanto selezionati e, nell'ambito del Campionato stesso, deve dimostrare indifferenza allo sparo, equilibrio nel ring, superare una prova di obbedienza ed una di attacco improvviso e lanciato. Ed ancora, i soggetti più meritevoli devono aver dimostrato sul campo buone capacità in riproduzione.
Nella storia dell'attuale allevamento mondiale, spiccano tre soggetti italiani proclamati Auslese in Germania. Primo fra tutti, ormai apprezzato ed affermato riproduttore, Max della Loggia dei Mercanti, un soggetto che ha fornito nelle migliori realizzazioni distinzione e buon movimento, allevato da Franco Magistrelli, nato dal Sierger Visum Arminius e dall'italiana Luna dell'Isola dei Baroni,.
Segue il valido ed altrettanto Auslese Quartz dei Templari, un riproduttore che ha generato buoni soggetti dotati di sostanza e buon carattere, allevato da Angelo Bordignon, nato da Amigo Belgier e dall'italiana Freda del Pellegrino..
Lo scorso anno è stato proclamato Auslese Dux della Valcuvia, un piazzamento di rilievo ottenuto anche per aver già prodotto in Germania giovani soggetti vincitori al Campionato SV stesso, allevato da Luciano Musolino, figlio dell'ottimo riproduttore italiano Max della Loggia dei Mercanti e dell'italiana Una della Valcuvia.
Ma anche le nostre femmine non sono da meno tanto che Milla von Frutteto, allevata in Germania dall'italiano Ambrogio Verpelli, figlia di Shanto's Xano e dell'italiana Dolli di Casa Piellier, ha ottenuto il prestigioso titolo di Siegerin in Germania, un titolo di assoluto valore mondiale.
Anche gli addestratori che si cimentano nel settore agonistico delle prove internazionali di lavoro ottengono spesso buoni piazzamenti.
Una lunga serie di eccellenti successi che andrebbero arricchiti dalla segnalazione di altrettanti soggetti. La mancata citazione provocherà sicuramente le lamentele dei loro allevatori. Me ne dispiaccio anzi tempo, ma la necessità di un'elencazione abbreviata significa che i risultati di valore sono molti e molti gli allevatori da apprezzare. Eccellenti successi provengono dall'innata soggettiva, creatività italiana, ma, proprio per questa tendenza, la gestione del nostro allevamento, purtroppo, non è sempre governabile con un preciso piano coordinato e ne consegue un lento miglioramento delle più importanti problematiche selettive.
Nella piena consapevolezza che la selezione della razza possa debba essere migliorata, si può affermare che l'allevamento italiano è, sul piano agonistico, di buon livello qualitativo ed una rinnovata considerazione lo spronerebbe a fare ancor meglio, a tutto vantaggio dell'immagine internazionale della nostra cinofilia.

Piero Alquati

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