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L'etologia canina: istinto e genetica

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Messaggio  isabella basiglio 09.05.11 9:32

L'etologia canina: istinto e genetica


Di frequente nei cani possiamo osservare segni di anomalie nel processo di sviluppo naturale rispetto al progenitore ancestrale, il lupo.
Oltre che dal punto di vista morfologico, tali anomalie possono rilevarsi anche da un punto di vista etologico.

Capita non di rado, ad esempio, che anche in età adulta i cani mostrino tratti comportamentali immaturi:
cercano insistentemente il gioco, elemosinano cibo, a volte adottano atteggiamenti di sottomissione tipici dei cuccioli, abbaiano smodatamente, ecc..;
in altre parole, hanno perso l’originario pattern di comportamento del loro progenitore lupo.


In un noto ed importante studio, “i cani del villaggio”, osservati dall’etologo Coppinger, solo occasionalmente mangiavano animali selvatici, infatti il loro “schema di caccia” era molto più simile a quello della ricerca fra i rifiuti che non al modello predatorio dei lupi.
Per lo più catturavano piccoli animali , come lucertole, piuttosto che appostarsi e lanciarsi all’inseguimento di prede più impegnative;
un po’ come accade in molti dei nostri cani domestici che rincorrono e catturano piccole prede che spesso, però, non muoiono a causa dei morsi, ma perchè “manipolate” con troppa foga.

Anche cani più indipendenti e che vivono all’aperto, dove si potrebbero osservare comportamenti più ancestrali, magari fanno la posta, inseguono, attaccano, mordono e addirittura uccidono la preda (ad esempio animali da cortile come conigli o polli), ma anche in questi casi spesso non danno il colpo finale dei veri predatori selvatici, cioè non mangiano la preda ...
...mentre, in fondo, sarebbe proprio questa la parte più interessante per animali che vivono allo stato brado, e non solo....

Ad esempio, nei cani con spiccata attitudine alla guardia, dunque con elevata territorialità, l’istinto predatorio è quasi del tutto inesistente, essi infatti non sono in alcun modo tentati di rincorrere il bestiame o quant’altro e ciò spesso anche indipendentemente dall’ambiente in cui sono allevati;
infatti cani di queste razze (..come ad esempio il Caucaso, l’Abruzzese, ecc…) spesso, seppur cresciuti come cani da compagnia, non imparano a rincorrere nemmeno una palla.

Ma, cosa ancor ben più paradossale, anche in razze canine selezionate per lo spiccato istinto predatorio (vedi cani “toccatori” o da competizioni sportive), si è sviluppata un’interferenza negli ancestrali schemi predatori, poiché esse hanno come comportamento caratteristico un’enfasi estrema ed esagerata su un unico tratto fra quelli che caratterizzano l’originale pattern comportamentale dell’animale cacciatore adulto allo stato brado.
Esempi, l”occhio” del Border Collie, ovvero la sua mania(non si può che definirla così) di guardare fisso le pecore o la punta esasperata di certi cani da “penna” (..vedi Setter Inglese);
o, ancora, cani da riporto che possono rincorrere una preda all’infinito, ma una volta che l’hanno raggiunta non la morderanno con forza.

La cosa interessante che si può notare nei tratti comportamentali tipici delle varie razze e/o di singoli individui è che ormai sono totalmente indipendenti dal loro contesto originario e dalla correlata finalità.
Se un lupo viene fermato mentre sta inseguendo la preda, di solito interrompe l’intera sequenza di appostamento / inseguimento / attacco / cattura / uccisione e riparte dall’inizio.

I cani, invece, ripetono all’infinito la parte che preferiscono ed il farlo è di per sé una gratificazione. Coloro che si occupano di cani toccatori dicono che il modo migliore per premiare un Border Collie che è stato bravo a radunare il gregge, consiste nel lasciarglielo fare ancora;
al punto che, se qualcun altro non offre loro l’opportunità, i Border troveranno da soli o addirittura si inventeranno il modo di soddisfare la propria natura: terranno lo sguardo sull’acqua che gocciola da un rubinetto, lanceranno lontano un oggetto per poi seguirne il movimento o, se necessario, si lanceranno all’inseguimento di oggetti immaginari.
Analogamente i cani da riporto non riescono a resistere alla tentazione di riportare. I cani da slitta “rincorreranno” per ore, o addirittura per giorni qualcosa che non c’è.

Questi comportamenti assomigliano molto a schemi di giochi infantili, infatti alcune modalità comportamentali proprie degli adulti (inseguire, manifestare dominanza o sottomissione, montare, appostarsi, prendere oggetti con la bocca, mordere e afferrare) si svolgono apparentemente senza ordine e senza una finalità immediata.

Dunque, proprio come accade per i caratteri morfologici, anche sul fenotipo comportamentale e sulla nascita di “nuovi” comportamenti, possono avere una notevole influenza,oltre la pressione selettiva, l’improvvisa interruzione (per mutazioni genetiche casuali che poi possono essere enfatizzate anch’esse con la selezione) di fasi precoci dello sviluppo.

Sotto certi aspetti, i cani sembrano cuccioli di lupo che non sono mai cresciuti; per altri sembrano lupacchiotti che, pur essendo cresciuti, hanno sviluppato in modo non sincrono i diversi comportamenti istintivi.

E proprio come il disturbo e l’alterazione in qualche fase della crescita può dar vita a nuove combinazioni di tratti somatici, vedi ad esempio allungamenti (bull terrier) ed accorciamenti (bull dog) delle canne nasali, così queste alterazioni possono produrre nuove combinazioni dei tratti comportamentali, come l’istinto del foxhound di abbaiare mente segue la traccia olfattiva.
Questo, per di più, non è neanche un tratto immaturo o, comunque, qualcosa che sia stato mai riscontrato nei lupi, anzi, sarebbe stato un tratto decisamente mal adattivo , dato che il lupo cerca di inseguire furtivamente la preda. Sembra piuttosto che questo tratto sia dipeso dall’eliminazione, dall’alterazione e dal riassetto di comportamenti ancestrali che compaiono singolarmente nel lupo ma non si sono mai manifestati in questa combinazione o sequenza.

Come accennato, ci sarebbe stata fin dall’inizio una pressione selettiva naturale sui cani “spazzini” che avrebbe portato a un’interferenza negli schemi comportamentali originali dei cacciatori.
Tali pressioni si sarebbero fatte ancora più forti dopo la comparsa degli insediamenti umani stabili;
alcune evidenze interessanti suggeriscono che, semplicemente incentivando la docilità e scoraggiando istinti predatori, si sarebbero potute attivare nel “protocane” cambiamenti nei tempi delle fasi di crescita in grado di far emergere un’intera gamma di tratti comportamentali “canini”.

Citando un’esperienza scientifica russa, gli esperimenti con cui vennero selezionate volpi grigie, in base ad un unico criterio ovvero l’assenza della naturale timorosità nei confronti dell’uomo, diedero vita, nel giro di venti generazioni, a una popolazione di volpi con orecchie cascanti, che abbaiavano proprio come cani domestici e manifestavano verso gli esseri umani un atteggiamento di sottomissione e di richiesta.
Quasi certamente ciò è indice di mutamenti avvenuti nei geni che regolano lo sviluppo, dal momento che non ci fu alcuna deliberata selezione in nessuno di questi ulteriori tratti canini.
Tenendo conto della velocità con cui queste caratteristiche sono comparse, la quantità complessiva di mutazioni genetiche non può essere stata particolarmente elevata.

Dunque, i geni predisposti allo sviluppo influiscono sui tempi delle fasi critiche della crescita; almeno parzialmente, attivando e disattivando molti altri geni, cosa che spiega in parte come mai un lieve cambiamento in una parte del genoma provoca conseguenze così notevoli:
in pratica, invece di modificarne 20, si interviene su un gene che a sua volta va ad influire sul funzionamento di altri 20.
Va senza dire, però, che un allevamento più selettivo (diciamo pure uno schema di selezione zootecnico, vah..), finalizzato al raffinamento di determinati tratti fisici e/o caratteriali, deve andare oltre questi geni così detti regolatori e concentrarsi sui tanti e vari complessi poligenici da essi regolati.


A partire dagli anni 30 ci fu un grande entusiasmo nel cercare di individuare pattern ereditari indotti da un unico gene per spiegare ogni tipo di comportamento canino.
Si riteneva che esistesse, ad esempio, un unico gene responsabile del “eccitabilità nervosa”che rendeva un cane ipo o iper suscettibile ai rumori forti o al contatto.
Si diceva che un altro gene determinasse il fatto che alcuni segugi abbaiano quando seguono una traccia, mentre altri non lo fanno.
In realtà, però, i pattern comportamentali ereditari sono ben più complessi, e ciò significa che rientrano in gioco molti geni, ovvero numerosi complessi poligenici spesso ad effetto additivo.

Elaine Ostrander, un genetista molecolare che ha dato un enorme contributo all’impresa della mappatura del genoma canino, in alcune esperienze scientifiche ha dimostrato che nel determinismo di particolari fenotipi etologici sono coinvolti numerosi complessi poligenici, anche se si sarebbe dovuto disporre di campioni genetici di migliaia di cani per delineare un albero che avesse consentito la mappatura dei geni responsabili di tali comportamenti.


Dunque, anche se allo stato attuale delle conoscenze sarebbe assurdo imputare a singoli geni determinati comportamenti complessi e raffinati, ultimamente, in alcuni “ambienti”, si tende ad eccedere addirittura nell’altro senso e a contestare, in maniera ineluttabilmente opinabile, il “determinismo genetico”: c’è finanche qualcuno che rifiuta in toto l’idea che la genetica possa in qualche modo influire sul comportamento.
Ma anche queste prese di posizione sono assurde, e i cani sono una delle più convincenti riprove.
Dunque, senza voler negare in nessun modo l’influenza che l’imprinting, l’ambiente, l’educazione e quant’altro possono aver sul attern etologico di un cane, non di meno bisogna sottovalutare il peso della genetica.
E a riprova di questo fatto, Ray Coppinger ha tentato di addestrare dei border collie come cani da guardia al bestiame o dei cani da guardia al bestiame come border collie: un completo insuccesso ....




BIBLIOGRAFIA

“Differences in the behavior of dog breeds”
R. Coppinger; L. Coppinger


“The evolution of working dog behavior”
R. Coppinger; R.Schneider


“Phylogenetic relationships, evolution, and genetic diversity of the domestic dog”
C. Vilà; J. E. Maldonado; R. K. Wayne


“The early evolution of the domestic dog”
D. F. Morey


“Origin, genetic diversity, and genomic structure of the domestic dog”
R. K. Wayne; E. A. Ostander


“Molecular evolution of the dog family”
R. K. Wayne

“The evolution of domestic pets and companion animals”
M. S. Young


“Wolf Hybrids: are they suitable as pets?”
R. H. Polsky

Fonte Cane da Presa Meridionale
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