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Uomini&Cani..... diritti e doveri.....

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Messaggio  axel 25.02.11 23:19

tanto per fare chiarezza... mi sembra opportuno creare una sezione con le principali fonti normative... l'unione europea ne ha sfornata parecchio...
comincio con qualcosa:

CONVENZIONE EUROPEA PER LA PROTEZIONE DEGLI ANIMALI DA COMPAGNIA
Approvata a Strasburgo il 13 novembre 1987
Resa esecutiva in Italia dall'art.2 della Legge 201/2010 - in vigore sei mesi dopo il deposito presso il Consiglio d'Europa (nostra previsione: circa Luglio/Agosto 2011).

Preambolo
Gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari della presente Convenzione, considerando che l’obiettivo del Consiglio d’Europa è di conseguire una maggiore coesione tra i suoi membri;
riconoscendo che l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da compagnia;
considerando l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società;
considerando le difficoltà causate dalla grande varietà di animali tenuti dall’uomo;
considerando i rischi inerenti ad una sovrappopolazione animale per l’igiene, la salute e la sicurezza dell’uomo e degli altri animali;
considerando che il mantenimento di esemplari di fauna selvatica come animali da compagnia non dovrebbe essere incoraggiato;
consapevoli delle diverse condizioni che regolano l’acquisto, il mantenimento, l’allevamento di tipo commerciale o non commerciale, la cessione ed il commercio di animali da compagnia;
consapevoli del fatto che gli animali da compagnia non sono sempre tenuti in condizioni atte a promuovere la loro salute ed il loro benessere;
constatando che i comportamenti nei confronti degli animali da compagnia variano notevolmente, talvolta per mancanza di nozioni e di consapevolezza;
considerando che una norma fondamentale comune di comportamento e di prassi che porti ad una condotta responsabile da parte dei proprietari degli animali da compagnia sia un obiettivo non solo auspicabile ma anche realistico,

hanno convenuto quanto segue:
Convenzione Europea 13 Novembre 1987 - Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia

CAPITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 Definizioni
1. Per animale da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia.
2. Per commercio di animali da compagnia si intende l’insieme di transazioni effettuate in maniera regolare per quantitativi rilevanti ed a fini di lucro, che comportano il trasferimento di proprietà di tali animali.
3. Per allevamento e custodia di animali da compagnia a fini commerciali si intendono l’allevamento e la custodia praticati principalmente a fini di lucro per quantitativi rilevanti.
4. Per rifugio per animali si intende un istituto a fini non di lucro nel quale gli animali da compagnia possono essere tenuti in congruo numero. Qualora la legislazione nazionale e/o le norme amministrative lo consentano, tale istituto può accogliere animali randagi.
5. Per animale randagio si intende ogni animale da compagnia senza alloggio domestico o che si trova all’esterno dei limiti dell’alloggio domestico del suo proprietario o custode e che non è sotto il controllo o la diretta sorveglianza di alcun proprietario o custode.
6. Per autorità competente, si intende l’autorità designata dallo Stato membro.

Art. 2 Settore di applicazione e attuazione
1. Ciascuna Parte si impegna a prendere i necessari provvedimenti per conferire effetto alle disposizioni della presente Convenzione per quanto riguarda:
a) gli animali da compagnia tenuti da una persona fisica o morale in qualsiasi alloggio domestico, o istituto per il commercio, l’allevamento e la custodia a fini commerciali di tali animali, nonché in ogni rifugio per animali;
b) se del caso, gli animali randagi.
2. Nessuna disposizione della presente Convenzione è intesa a pregiudicare l’attuazione di altri strumenti per la protezione degli animali o per la preservazione delle specie selvatiche in pericolo.
3. Nessuna disposizione della presente Convenzione è intesa a pregiudicare la facoltà delle Parti di adottare norme più rigorose al fine di assicurare la protezione degli animali da compagnia o l’applicazione delle seguenti disposizioni a categorie di animali che non sono espressamente citate nel presente strumento.

CAPITOLO II - PRINCIPI PER IL MANTENIMENTO DEGLI ANIMALI DA COMPAGNIA
Art. 3 Principi fondamentali per il benessere degli animali
1. Nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da compagnia.
2. Nessuno deve abbandonare un animale da compagnia

Art. 4 Mantenimento
1. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o che abbia accettato di occuparsene sarà responsabile della sua salute e del suo benessere.
2. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o se ne occupi, deve provvedere alla sua installazione e fornirgli cure ed attenzione, tenendo conto dei suoi bisogni etologici secondo la sua specie e la sua razza ed in particolare:
a) rifornirlo in quantità sufficiente di cibo e di acqua di sua convenienza;
b) procurargli adeguate possibilità di esercizio;
c) prendere tutti i ragionevoli provvedimenti per impedire che fugga.
3. Un animale non deve essere tenuto come animale da compagnia se:
a) le condizioni di cui al paragrafo 2 di cui sopra non sono soddisfatte, oppure
b) benché tali condizioni siano soddisfatte, l’animale non può adattarsi alla cattività.

Art. 5 Riproduzione
Qualsiasi persona la quale selezioni un animale da compagnia per riproduzione, è tenuta a tener conto delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali che sono di natura tale da mettere a repentaglio la salute ed il benessere della progenitura o dell’animale femmina.

Art. 6 Limiti di età per l’acquisto
Nessun animale da compagnia deve essere venduto ai minori di 16 anni senza il consenso esplicito dei genitori o di altre persone che esercitano la responsabilità parentale.

Art. 7 Addestramento
Nessun animale da compagnia deve essere addestrato con metodi che possono danneggiare la sua salute ed il suo benessere, in particolare costringendo l’animale ad oltrepassare le sue capacità o forza naturale, o utilizzando mezzi artificiali che causano ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili.

Art. 8 Commercio, allevamento e custodia a fini commerciali, rifugi per animali
1. Qualsiasi persona la quale, all’atto dell’entrata in vigore della Convenzione, pratichi il commercio o l’allevamento o la custodia di animali da compagnia a fini commerciali, o gestisca un rifugio per animali deve dichiararlo all’Autorità competente entro un termine adeguato che sarà stabilito da ciascuna Parte. Qualsiasi persona la quale intenda praticare una delle predette attività deve farne dichiarazione all’Autorità competente.
2. Questa dichiarazione deve indicare:
a) le specie di animali da compagnia in oggetto o che saranno in oggetto;
b) la persona responsabile e le sue nozioni in materia;
c) una descrizione dei locali ed attrezzature che sono o saranno utilizzati.
3. Le attività di cui sopra possono essere esercitate solamente se:
a) la persona responsabile è in possesso delle nozioni e della capacità necessarie all’esercizio di tale attività, avendo sia una formazione professionale, sia un’esperienza sufficiente per quanto riguarda gli animali da compagnia;
b) i locali e le attrezzature utilizzate per l’attività soddisfano ai requisiti di cui all’articolo 4.
4. L’Autorità competente stabilisce, in base alla dichiarazione effettuata in conformità con le disposizioni del paragrafo 1, se le condizioni di cui al paragrafo 3 sono soddisfatte o meno. Qualora non fossero sufficientemente soddisfatte, l’Autorità competente raccomanda provvedimenti e vieta l’inizio o il proseguimento dell’attività se ciò è necessario ai fini della protezione degli animali.
5. L’Autorità competente deve, conformemente con la legislazione nazionale, controllare se le summenzionate condizioni sono soddisfatte o meno.

Art. 9 Pubblicità, spettacoli, esposizioni, competizioni e manifestazioni analoghe
1. Gli animali da compagnia non possono essere utilizzati per pubblicità, spettacoli, esposizioni, competizioni o manifestazione analoghe a meno che:
a) l’organizzatore non abbia provveduto a creare le condizioni necessarie per un trattamento di tali animali che sia conforme con i requisiti dell’articolo 4 paragrafo 2 e che b) la loro salute ed il loro benessere non siano messi a repentaglio.
2. Nessuna sostanza deve essere somministrata ad un animale da compagnia, nessun trattamento deve essergli applicato, né alcun procedimento utilizzato per elevare o diminuire il livello naturale delle sue prestazioni:
a) nel corso di competizioni;
b) in qualsiasi altro momento, qualora ciò possa mettere a repentaglio la salute ed il benessere dell’animale.
Art. 10 Interventi chirurgici
1. Gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare:
a) il taglio della coda;
b) il taglio delle orecchie;
c) la recisione delle corde vocali;
d) l’esportazione delle unghie e dei denti.
2. Saranno autorizzate eccezioni a tale divieto solamente:
a) se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ragioni di medicina veterinaria, sia nell’interesse di un determinato animale;
b) per impedire la riproduzione.
3. a) gli interventi nel corso dei quali l’animale proverà o sarà suscettibile di provare forti dolori
debbono essere effettuati solamente in anestesia e da un veterinario o sotto il suo controllo;
b) gli interventi che non richiedono anestesia possono essere praticati da una persona competente in
conformità con la legislazione nazionale.

Art. 11 Uccisione
1. Solo un veterinario o altra persona competente deve procedere all’uccisione di un animale da compagnia, tranne che in casi di urgenza per porre fine alle sofferenze di un animale e qualora non si possa ottenere rapidamente l’assistenza di un veterinario o di altra persona competente, o in ogni altro caso di emergenza configurato dalla legislazione nazionale. Ogni uccisione deve essere effettuata con il minimo di sofferenze fisiche e morali in considerazione delle circostanze. Il metodo
prescelto, tranne che in casi di urgenza, deve:
a) sia indurre una perdita di coscienza immediata e successivamente la morte;
b) sia iniziare con la somministrazione di un’anestesia generale profonda seguita da un
procedimento che arrechi la morte in maniera certa.
La persona responsabile dell’uccisione deve accertarsi della morte dell’animale prima di eliminarne la spoglia.
2. Debbono essere vietati i seguenti metodi sacrificali:
a) l’annegamento ed altri sistemi di asfissia, se non producono gli effetti di cui al paragrafo 1, comma b;
b) l’utilizzazione di qualsiasi veleno o droga di cui non sia possibile controllare il dosaggio e l’applicazione in modo da ottenere gli effetti di cui al paragrafo 1;
c) l’elettrocuzione a meno che non sia preceduta da un’immediata perdita di coscienza.

CAPITOLO III - MISURE COMPLEMENTARI PER GLI ANIMALI RANDAGI
Art. 12 Riduzione del numero di animali randagi
Quando una Parte ritiene che il numero di animali randagi rappresenta un problema per detta Parte, essa deve adottare le misure legislative e/o amministrative necessarie a ridurre tale numero con metodi che non causino dolori, sofferenze o angosce che potrebbero essere evitate.
a) Tali misure debbono comportare che:
I) se questi animali debbono essere catturati, ciò sia fatto con il minimo di sofferenze fisiche e morali tenendo conto della natura dell’animale;
II) nel caso che gli animali catturati siano tenuti o uccisi, ciò sia fatto in conformità con i principi stabiliti dalla presente Convenzione.
b) Le Parti si impegnano a prendere in considerazione:
I) l’identificazione permanente di cani e gatti con mezzi adeguati che causino solo dolori,
sofferenze o angosce di poco conto o passeggere, come il tatuaggio abbinato alla registrazione del numero e dei nominativi ed indirizzi dei proprietari;
II) di ridurre la riproduzione non pianificata dei cani e dei gatti col promuovere la loro sterilizzazione;
III) di incoraggiare le persone che rinvengono un cane o un gatto randagio, a segnalarlo all’Autorità
competente.

Art. 13 Eccezioni per quanto concerne la cattura, il mantenimento e l’uccisione
Le eccezioni ai principi stabiliti nella presente Convenzione relative alla cattura, al mantenimento ed all’uccisione degli animali randagi saranno accolte solo se sono inevitabili nell’ambito dei programmi governativi di controllo delle malattie.

CAPITOLO IV - INFORMAZIONE ED ISTRUZIONE
Art. 14 Programmi di informazione e di istruzione
Le Parti si impegnano a promuovere lo sviluppo di programmi d’informazione e di istruzione al fine di incoraggiare tra le organizzazioni e gli individui interessati al mantenimento, all’allevamento, all’addestramento, al commercio ed alla custodia di animali da compagnia, la consapevolezza e la conoscenza delle disposizioni e dei principi della presente Convenzione. In tali programmi, dovrà in particolar modo essere richiamata l’attenzione sui seguenti punti:
a) l’addestramento di animali da compagnia a fini commerciali o di competizione, da effettuarsi da parte di persone con nozioni e competenze specifiche;
b) la necessità di scoraggiare:
I) il dono di animali da compagnia ai minori di 16 anni senza l’espresso consenso dei loro genitori o di altre persone che esercitano la responsabilità parentale;
II) il dono di animali da compagnia come premio, ricompensa, o omaggio;
III) la procreazione non pianificata di animali da compagnia;
c) le eventuali conseguenze negative per la salute ed il benessere degli animali selvatici, del loro acquisto o inserimento come animali da compagnia;
d) i rischi derivanti dall’acquisto irresponsabile di animali da compagnia che porta ad un aumento del numero degli animali non voluti ed abbandonati.

CAPITOLO V - CONSULTAZIONI MULTILATERALI
Art. 15 Consultazioni multilaterali
1. Le Parti procedono, entro un termine di cinque anni dall’entrata in vigore della Convenzione e successivamente ogni cinque anni, ed in ogni caso tutte le volte che una maggioranza dei rappresentanti delle Parti ne faccia richiesta, a consultazioni multilaterali in seno al Consiglio d’Europa al fine di esaminare l’attuazione della Convenzione nonché l’opportunità di una revisione o estensione di alcune sue disposizioni. Tali consultazioni si svolgeranno nel corso di riunioni convocate dal Segretario Generale del Consiglio d’Europa.
2. Ogni Parte ha diritto a nominare un rappresentante che partecipi a tali consultazioni. Ogni Stato membro del Consiglio d’Europa che non è Parte alla Convenzione ha diritto a farsi rappresentare a tali consultazioni da un osservatore.
3. Dopo ogni consultazione, le Parti sottopongono al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa un rapporto sulla consultazione ed il funzionamento della Convenzione, includendovi, se lo ritengono necessario, proposte intese a recare emendamento agli articoli da 15 a 23 della Convenzione.
4. Fatte salve le disposizioni della presente Convenzione, le Parti stabiliscono il regolamento interno delle consultazioni.

CAPITOLO VI - EMENDAMENTI
Art. 16 Emendamenti
1. Ogni emendamento agli articoli da 1 a 14, proposto da una Parte o dal Comitato di Ministri, sarà comunicato al Segretario Generale del Consiglio d’Europa che provvederà a trasmetterlo agli Stati membri del Consiglio d’Europa, ad ogni Parte, e ad ogni Stato invitato ad aderire alla Convenzione in conformità con le disposizioni dell’articolo 19.
2. Ogni emendamento proposto in conformità con le disposizioni del paragrafo precedente, è esaminato, almeno due mesi dopo la data della sua comunicazione da parte del Segretario Generale, nel corso di una consultazione multilaterale nella quale l’emendamento può essere approvato da una maggioranza di due terzi delle Parti. Il testo approvato è comunicato alle Parti.
3. Ogni emendamento entra in vigore alla scadenza di un periodo di dodici mesi dopo la sua approvazione in occasione di una consultazione multilaterale, a meno che una delle Parti non abbia notificato obiezioni.

CAPITOLO VII - DISPOSIZIONI FINALI
Art. 17 Firma, ratifica, accettazione, approvazione
La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Essa sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Art. 18 Entrata in vigore
1. La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data in cui quattro Stati membri del Consiglio d’Europa abbiano espresso il loro consenso ad essere vincolati dalla Convenzione, in conformità con il disposto dell’articolo 17.
2. La Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato membro che esprima successivamente il suo consenso ad essere vincolato dalla Convenzione il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.

Art. 19 Adesione di Stati non membri
1. Dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa potrà invitare ogni Stato non membro del Consiglio d’Europa ad aderire alla presente Convenzione, mediante decisione presa a maggioranza secondo l’articolo 20 lettera d) dello Statuto del Consiglio d’Europa1 ed all’unanimità dai rappresentanti degli Stati contraenti abilitati a partecipare al Comitato dei Ministri.
2. La Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato membro, il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data del deposito dello strumento d’adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Art. 20 Clausola territoriale
1. Ogni Stato può, all’atto della firma o del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, indicare il territorio o i territori ai quali si applicherà la presente Convenzione.
2. Ogni Parte può in qualsiasi momento successivo, tramite dichiarazione rivolta al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, estendere l’applicazione della presente Convenzione ad ogni altro territorio indicato nella dichiarazione. La Convenzione entrerà in vigore nei confronti di detto territorio il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.
3. Ogni dichiarazione fatta ai sensi dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata, per quanto concerne ogni territorio indicato nella predetta dichiarazione, mediante notifica inviata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Art. 21 Riserve
1. Ogni Stato può, all’atto della firma o del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, dichiarare di avvalersi di una o più riserve riguardo all’articolo 6 ed al comma a del paragrafo 1 dell’articolo 10. Nessun’altra riserva può essere fatta.
2. Ogni Parte che abbia formulato una riserva ai sensi del paragrafo precedente può ritirarla interamente o in parte inviando una notifica al Segretario Generale del Consiglio d’Europa. Il ritiro avrà effetto alla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.
3. La Parte che ha formulato una riserva nei riguardi di una disposizione della presente Convenzione non può richiedere l’applicazione di tale disposizione ad un’altra Parte; tuttavia essa può, se la riserva è parziale o condizionale, domandare l’applicazione di tale disposizione nella misura in cui essa stessa l’ha accettata.

Art. 22 Denuncia
1. Ogni Parte può, in ogni tempo, denunciare la presente Convenzione inviando una notifica al Segretario Generale del Consiglio d’Europa.
2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Art. 23 Notifiche
Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio e ad ogni Stato che abbia aderito alla presente Convenzione o sia stato invitato a farlo:
a) ogni firma;
b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;
c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione conformemente con gli articoli 18, 19, 20 della stessa Convenzione;
d) ogni altro atto, notifica o comunicazione relativa alla presente Convenzione

In fede di che i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato la presente
Convenzione.
Fatto a Strasburgo il 13 novembre 1987 in francese ed in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa e ad ogni Stato invitato ad aderire alla presente Convenzione.


Ultima modifica di axel il 26.02.11 8:59 - modificato 2 volte.
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Messaggio  axel 25.02.11 23:27

L’UNESCO, dalla sua sede di Parigi, il 15 ottobre 1978, ha proclamato una Dichiarazione Universale. Il documento in questione, undici anni dopo, è stato rivisto dalla Lega Internazionale per i Diritti degli Animali e, nel 1990, è stata pubblicata dal Direttore Generale dell’UNESCO stessa.
Eccola:

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'ANIMALE

PREAMBOLO

Recenti studi etimologici evidenziano come le origini del nome della città di Milano abbia radici vicine alla cultura animalista. L'ipotesi elaborata dalla ricercatrice Giulia Bologna vuole la città di Milano fondata dalle tribù celtiche e dedicata alla femmina del cinghiale, scrofa "medio-lanae" (latino) "mediolanuta", animale considerato sacro simbolo di fertilità, per rimarcare la favorevole posizione della città.Milano è la città che ha ospitato e visto crescere artisticamente Leonardo da Vinci, precursore del rispettoalla Vita di tutti gli esseri viventi. Dai suoi scritti si evince chiaramente la sua scelta vegetariana come forma etica. Celebre la sua frase: "giorno verrà in cui gli uomini conosceranno l'intimo animo delle bestie e, quel giorno, un delitto contro un animale sarà considerato un delitto contro l'umanità".

Ritenendo Milano città crocevia di culture, sinonimo di civiltà e di progresso filosofico, si profila la necessità di sviluppare una coscienza volta al rispetto dei diritti degli animali in recepimento della Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali proclamata a Bruxelles, su iniziativa dell’UNESCO nel 1978.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’ANIMALE
(UNESCO, 15/10/78)

Considerato che ogni animale ha dei diritti; considerato che il disconoscimento e il disprezzo di questi diritti hanno portato e continuano a portare l’uomo a commettere dei crimini contro la natura e contro glianimali; considerato che il riconoscimento da parte della specie umana del diritto all’esistenza delle altrespecie animali costituisce il fondamento della coesistenza delle specie nel mondo; considerato che genocidi sono perpetrati dall’uomo e altri ancora se ne minacciano; considerato che il rispetto degli animali da parte dell’uomo è legato al rispetto degli uomini tra loro; considerato che l’educazione deve insegnare sin dall’infanzia a osservare, comprendere, rispettare amare gli animali:

Articolo 1

Tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza.

Articolo 2

1 - Ogni animale ha diritto al rispetto.

2 - L'uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di sterminare gli altri animali, o di sfruttarli violando questo diritto. Egli ha il dovere di mettere le sue conoscenze al servizio degli animali.

3 - Ogni animale ha diritto alla considerazione, alle cure ed alla protezione dell'uomo.

Articolo 3

1 - Nessun animale dovrà essere sottoposto a maltrattamenti e ad atti crudeli.

2 - Se la soppressione di un animale è necessaria, deve essere istantanea, senza dolore, ne angoscia.

Articolo 4

1 - Ogni animale che appartiene ad una specie selvaggia ha il diritto di vivere nel suo ambiente naturale, terrestre, aereo o acquatico ed il diritto di riprodursi.

2 - Ogni privazione della libertà, anche se a fini educativi, è contraria a questo diritto.

Articolo 5

1 - Ogni animale appartenente ad una specie che vive abitualmente nell'ambiente dell'uomo ha il diritto di vivere e di crescere secondo il ritmo e nelle condizioni di vita e di libertà che sono proprie della sua specie.

2 - Ogni modifica di questo ritmo e di queste condizioni imposta dall'uomo a fini mercantili è contraria a questo diritto.

Articolo 6

1 - Ogni animale che l'uomo ha scelto per compagno ha diritto ad una durata della vita conforme alla sua longevità.

2 - L'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante.

Articolo 7

1 - Ogni animale che lavora ha diritto a limiti ragionevoli della durata e dell'integrità del lavoro, ad un'alimentazione adeguata ed al riposo.

Articolo 8

1 - La sperimentazione animale che implica una sofferenza fisica e psichica è incompatibile con i diritti dell'animale sia che si tratti di una sperimentazione medica, scientifica, commerciale sia di ogni altra forma di sperimentazione.

2 - Le tecniche sostitutive devono essere utilizzate e sviluppate.

Articolo 9

1 - Nel caso che l'animale sia allevato per l'alimentazione, deve essere nutrito, alloggiato, trasportato e ucciso senza che per lui ne risulti ansietà o dolore.

Articolo 10

1 - Nessun animale deve essere usato per il divertimento dell'uomo.

2 - Le esibizioni di animali e gli spettacoli che utilizzano animali sono incompatibili con la dignità
dell'animale.

Articolo 11

1 - Ogni atto che comporti l'uccisione di un animale senza necessità è biocidio, cioè un delitto contro la vita.

Articolo 12

1 - Ogni atto che comporti l'uccisione di un gran numero di animali selvaggi è un genocidio, cioè un
delitto contro la specie.

2 - L'inquinamento e la distruzione dell'ambiente naturale portano al genocidio.

Articolo 13

1 - L'animale morto deve essere trattato con rispetto.

2 - Le scene di violenza di cui gli animali sono vittime devono essere proibite al cinema e alla televisione, a meno che non abbiano come fine di mostrare un attentato ai diritti dell'animale.

Articolo 14

1 - Le associazioni di protezione e di salvaguardia degli animali devono essere rappresentate a livello governativo.

2 - I diritti dell'animale devono essere difesi dalla Legge come i diritti dell'uomo.
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Messaggio  axel 25.02.11 23:52

Il cane ABBAIA.... disturbo alla quiete pubblica...


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I PENALE

Sentenza 2 dicembre 2010 - 14 gennaio 2011, n. 715
Motivi della decisione
1. Con sentenza del 5 ottobre 2009 il Tribunale di Siracusa, in composizione monocratica e nella sezione distaccata di Avola, condannava alla pena di Euro 200,00 di ammenda ciascuno i coniugi S.A. e L.A.M. , imputati del reato di cui all'art. 659 c.p. perché, non impedendo il continuo abbaiare
di due cani pastore di loro proprietà, anche e soprattutto nelle ore notturne, impedivano il riposo e le
normali occupazioni dei vicini di casa D.G. e La.Ma. , nonché dei loro familiari conviventi;

(OMISSIS).

A sostegno della decisione il Tribunale poneva le dichiarazioni testimoniali delle pp.ll., delle quali assumeva la piena credibilità ed affidabilità e la testimonianza di tale L.R.R. , il quale di primo
mattino era solito portare e consegnare il pane presso l'abitazione dei prevenuti.

2. Avverso detta pronuncia ricorrono per cassazione gli imputati, assistiti dai rispettivi difensori di fiducia, chiedendone l'annullamento in forza dei seguenti motivi di impugnazione.
2.1 Il difensore di L.A.M. denuncia difetto di motivazione, violazione di legge in relazione all'art.
659 c.p. e violazione della legge processuale penale per la mancata assoluzione dell'imputata, in
particolare deducendo che:
- il contenuto delle dichiarazioni delle pp.ll., diversamente da quanto affermato in sentenza, risultano cariche di "illazioni e supposizioni";
- il giudicante non ha tenuto adeguatamente valutato la credibilità delle dichiarazioni accusatorie provenienti dalle pp.ll., dichiarazioni per questo interessate;
- il giudicante ha trascurato un dato fondamentale e cioè che nella zona abitata dagli imputati e dalle
pp.ll., si ritrovano "decine di cani" di proprietà dei residenti" e "numerosissimi cani randagi";
- per la ricorrenza dell'ipotesi di reato contestato è necessario il requisito della potenzialità del disturbo arrecato a coinvolgere un numero indeterminato di persone e non soltanto le persone occupanti una abitazione;
- non v'è stata prova nel processo della volontarietà della condotta contestata.
2.2 Nell'interesse invece di S.A. si denuncia difetto di motivazione, in particolare deducendo che:
- il giudizio di colpevolezza risulta fondato sulle dichiarazioni delle pp.ll e del teste L.R.R.;
- gli imputati vivono in luogo isolato e non può escludersi che i cani abbiano, di tanto in tanto,
svolto la loro funzione di guardiani abbaiando in talune circostanze;
- questo però non significa che essi abbiano potuto abbaiare in continuazione per tutta la notte dal
marzo al settembre 2005 e che abbiano in tale periodo impedito il riposo delle pp.ll.;
- il teste L.R. ha riferito semplicemente che quando alle ore quattro del mattino consegnava il pane
agli imputati lasciandolo sul cancello, i cani abbaiavano, circostanza questa del tutto normale ed
inidonea a riscontrare il racconto delle pp.ll., soprattutto nei termini dell'accusa così come contestata;
- contrariamente a quanto sostenuto in sentenza le dichiarazioni delle pp.ll. non sono state affatto tra loro coerenti;
- il processo non ha dato prova dei fatti costitutivi del reato contestato nei profili di fatto denunciati
dalle pp.ll.;
- è stata invece provata l'indole docile dei cani degli imputati e non risulta escluso che nella zona
agricola, teatro dei fatti di causa, passassero di solito cani randagi;
- anche le pp.ll. erano proprietarie di un cane di razza corsa;
- non vi è prova della capacità diffusiva del rumore indotto dall'abbaiare dei cani degli imputati e
della sua capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.
2.3 Nelle more del giudizio il difensore del S. ha fatto pervenire un verbale di remissione di querela
sottoscritto dagli imputati e dalle pp.ll.., remissione giuridicamente non apprezzabile dappoiché non perseguibile a querela la contravvenzione per cui è causa, mentre il difensore di L.A.M. ha
depositato rinuncia al ricorso di legittimità, anch'essa irritale perché non proposta personalmente dall'imputata nei modi e nelle forme di legge.

3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
Ed invero entrambi i difensori sviluppano tesi ed argomenti eminentemente di merito (quelli appena
sintetizzati) palesemente volti a fornire una ricostruzione dei fatti diversa ed alternativa a quella motivatamente accreditata dal giudice territoriale e ad introdurre una valutazione dei dati probatori
raccolti nel processo diversa da quella motivatamente illustrata dal giudicante. In tal guisa in fatto è
il giudizio circa la credibilità delle testimonianze delle pp.ll., motivata in prime cure con la coerenza
del loro racconto, non alieno anche da riconoscimenti di circostanze alle medesime sfavorevoli, con
l'assenza in esso di contraddizioni e contrasti, con la mancanza nei testi stessi di atteggiamenti
persecutori e con il riscontro fornito al loro racconto dalla testimonianza del L.R. , estraneo alle
parti e testimone diretto dell'atteggiamento aggressivo e rumoroso dei cani a guardia della proprietà
dei prevenuti.

Giova a questo punto ribadire che la funzione dell'indagine di legittimità sulla motivazione non è
quella di sindacare l'intrinseca attendibilità dei risultati dell'interpretazione delle prove e di attingere
il merito dell'analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi
probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo
linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le
conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici, con l'ulteriore conseguenza,
anch'esso costantemente ribadito da questa Corte, che ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un'altra, ancorché altrettanto logica (Cass.
5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo).

Nello specifico le difese istanti contrastano il contenuto della testimonianza L.R. , facendogli riferire cose in parte diverse da quelle riportate dal giudicante e ritengono di individuare incongruenze nelle dichiarazioni delle pp.ll. in verità per nulla tali. Quanto ai requisiti del reato, per la sussistenza dell'elemento psicologico della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., attesa la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle obbiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass., Sez. 1^, 26/10/1995, n. 11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle stesse (Cass., Sez. 1^, 13/12/2007, n. 246) di guisa che rispondono del reato di cui all'art. 659 comma 1 c.p. gli imputati per non aver impedito, nonostante le reiterate proteste delle pp.ll., il molesto abbaiare, anche in ore notturne, dei due cani di loro proprietà, custoditi nel cortile della loro abitazione (per una fattispecie simile: Cass., Sez. 1^, 19/04/2001).

4. I ricorsi sono, pertanto, inammissibili ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la
condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00 per
ciascuno dei ricorrenti.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno di essi, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa
delle Ammende.


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Messaggio  axel 26.02.11 0:06

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 gennaio – 9 febbraio 2011, n. 4706Presidente Chieffi – Relatore Barbarisi
Svolgimento del processo
1. - Con sentenza deliberata in data 19 gennaio 2010, depositata in cancelleria il 13 aprile 2010, la Corte di Appello di Caltanissetta, confermava la sentenza 3 marzo 2009 del Tribunale di Nicosia che aveva dichiarato G.S. , C.G. , F.S. e A.P.F. , responsabili del reato di cui all'art. 659c.p. condannandoli alla pena di mesi due di arresto ciascuno oltre al pagamento delle spese processuali.
1.1. - Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata G.S. , C.G. , F.S. e A.P.F. , quali proprietari di cani, non impedivano che gli strepiti dei loro animali arrecassero disturbo di notte a diverse persone.
1.2. - Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito dalle dichiarazioni delle parti offese che avevano dichiarato di essere state disturbate nel sonno dall'abbaiare dei cani.
2. - Avverso tale decisione, tramite il proprio difensore avv. Vito Felici, hanno interposto tempestivo ricorso per cassazione tutti gli imputati chiedendone l'annullamento per i seguenti profili:
a) nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della legge penale in relazione agli artt. 192 c.p.p. e 546 comma primo lett. e) c.p.p., illogica e apparente motivazione, con riferimento all'art. 606 comma primo lett. b) ed e) c.p.p.; il giudice del merito non ha tenuto conto del fatto che non sia emerso dagli atti che i prevenuti abbiano direttamente provocato lo strepito ovvero non lo abbiano impedito. Non è stato precisato in altre parole quale dei cani abbaiasse per primo facendo poi abbaiare tutti gli altri; gli imputati non possono rispondere per i comportamenti tenuti da altri dovendo essere giudicati per quello che singolarmente doveva essere loro ascritto;
b) nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della legge penale in relazione
all'art. 533 c.p.p., con riferimento all'art. 606 comma primo lett. e) c.p.p. non essendo stata valutata la colpevolezza degli imputati al di là di ogni ragionevole dubbio;
c) nullità della sentenza per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nonché al trattamento sanzionatorio, con riferimento all'art. 606 comma primo lett. b) c.p.p.;
d) nullità della sentenza per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in riferimento al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, con riferimento all'art. 606 comma primo lett. b) c.p.p.
Motivi della decisione
3. - Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 - In relazione ai primi due motivi di ricorso deve osservarsi che il giudice di merito ha evidenziato che si trattava di strepiti, quelli dei cani, che potevano essere agevolmente attenuati o senz'altro evitati dai relativi proprietari e che avevano la caratteristica della diffusività stante il fatto che fossero emessi in tempo di notte e il numero elevato di lamentele che si erano avute. Sono state esaustivamente richiamate sul punto le prove resesi disponibili in giudizio quali le numerose dichiarazioni della parti lese.
I ricorrenti, del resto, non solo non hanno confutato quanto addotto dal giudice a fondamento della propria decisione, se non in modo generico e apodittico, ma hanno fatto riferimento a questioni irrilevanti e fattuali (improponibili in questa sede ove è statoavanzato oltretutto ricorso per saltum quali la circostanza che non fosse certo quale dei cani iniziasse ad abbaiare per primo trascinando con sé tutti gli altri per imitazione, come se la circostanza che poi abbaiassero tutti insieme (i cani erano quanto meno unadecina) non incidesse sull'evento disturbo e non determinasse la stessa forte intensità del rumore (ragione principale della molestia fastidiosa) e lo strepito non fosse in ogni caso comune.È evidente che il reato è collegato alla condotta arrecante disturbo a prescindere da chi ne fosse stata la causa iniziale, posto che il comportamento illecito è comune a tutti i proprietari degli animali i quali, per vero, pur consapevoli del fatto che solo uno dei loro cani abbaiava per primo di notte (circostanza peraltro solo assunta perché sprovvista di prova lasciavano che tutti gli altri, sollecitati dal primo, facessero altrettanto per emulazione. Il ragionamento della Corte di Appello di Caltanissetta, immune da vizi logici e giuridici, al di là di ogni ragionevole dubbio, è da ritenersi quindi esaustivo e sufficiente anche nel punto in cui ha implicitamente rigettato diverse e contrastanti risultanze.
3.3 - Parimenti destituito di fondamento è il terzo motivo di impugnazione. La Corte di merito, lungi dal negare apoditticamente la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle attenuanti generiche, ha argomentato il diniego di tali attenuanti e la congruità del trattamento sanzionatorio, da un lato, rilevando l'assenza in atti di un qualsivoglia elemento suscettibile di positiva valutazione a tali fini e, dall'altro lato, la gravità del disturbo arrecato. E poiché la statuizione in ordine all'applicazione o meno delle circostanze attenuanti generiche deve fondarsi sulla globale valutazione della gravità del fatto e della capacità a delinquere del colpevole ed è censurabile in sede di legittimità solo nell'ipotesi in cui essa appaia frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico, deve convenirsi sulla congruità dell'argomentare della Corte territoriale che è privo di vizi logico - giuridici, in linea con i principi enunciati in materia da questo Supremo Collegio e aderente alle norme di legge.
3.4 - Il quarto motivo di ricorso (negatoria del beneficio della sospensione condizionale della pena) è altresì manifestamente privo di fondatezza. Ancorché in modo succinto il diniego del beneficio si profila motivato in modo congruo posto che è stato formulato sotto il profilo prognostico in relazione alla condotta illecita commessa.
4. - Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell'assenza di colpa (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma diEuro 500,00 (cinquecento) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 5.00,00 (cinquecento) ciascuno
alla Cassa delle Ammende.
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Messaggio  axel 26.02.11 0:10

SENTENZE A FAVORE DEI CANI....
Sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 46291/2003

Gli animali vanno trattati con umanità: sì alla condanna di chi prende a calci un cane:
Prendere a calci un cane per futili motivi
è reato perché anche gli animali sono essere dotati di sensibilità e devono essere trattati con umanità. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato così la condanna per il reato di maltrattamento di animali inflitta ad un uomo che aveva preso a calci il cane di una signora allo scopo di attirare l'attenzione della donna. Per il reato di maltrattamenti, ha spiegato la Suprema Corte, non è richiesta la lesione fisica all'animale, essendo sufficiente una sofferenza, in quanto la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di percepire con dolore comportamenti non ispirati a simpatia, compassione ed umanità.

Sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 2376 ( 2 marzo 1999)

Sempre punibile chi abbandona il cane:
Se un cane gettato fuori da una macchina segue la vettura, questa è la prova che il conducente è proprietario del cane. Così ha sentenziato la Suprema Corte affermando che non serve la prova della "domesticità" del cane per indicarne la proprietà. Basta aver accertato che l'animale veniva trasportato a bordo dell'autovettura e che una volta gettato fuori tentava di rincorrerla.

Sentenza della Corte di Cassazione del 30 gennaio 1999

Non prendersi cura dell'animale equivale a maltrattarlo:
Maltrattamento non è solo infliggere sofferenze ad un animale, ma anche rifiutarsi di compiere azioni necessarie al suo benessere, quali procurargli cibo, riparo ecc.

Sentenza della Corte di Cassazione del 1999 sulla legge 157/92 (legge sulla caccia)

Alcuni cacciatori maltrattano:
La sentenza ha stabilito che alcune pratiche venatorie, pur consentite dalla legge 157 non sono compatibili con l'articolo 727 del codice penale. Causare sofferenze all'animale è reato sempre perseguibile anche nel caso in cui tali azioni sono consentite da altre leggi.

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Messaggio  axel 26.02.11 0:17

No al collare antiabbaio!!!!


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Omissis
ha pronunciato la seguente sentenza:
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13 aprile 2007, Sentenza n. 15061

Fatto e diritto


Il Gip del tribunale di Vicenza disponeva il sequestro preventivo del cane meticcio di Gabriella Sarto, indagata in relazione ai reati di cui all’ articolo 544 ter Cp, perché in Carrè, fino all’8 luglio 2006, maltrattava il proprio cane meticcio abusando del collare coercitivo di tipo elettrico antiabbaio apposto sul collo dell’animale.

Il tribunale di Vicenza, con ordinanza del 29 settembre 2006, respingeva il gravame proposto dalla Sarto.

Proponeva ricorso per cassazione la Sarto chiedendo l’annullamento dell’ ordinanza di sequestro.

Con il primo motivo la ricorrente deduce che l’articolo 727 Cp non prevede la misura della confisca, sicché doveva ritenersi che il sequestro era stato disposto dal Gip e confermato dal tribunale di Vicenza in assenza dei requisiti di cui all’articolo 321 comma 2 Cpp.

Il motivo è infondato e va respinto.

La ricorrente è stata originariamente indagata in ordine al delitto di cui all’articolo 544 ter Cp che, ai sensi dell’articolo 544 sexies Cp, prevede la confisca obbligatoria dell’animale in caso di condanna.

Peraltro, anche se il Tribunale per il riesame, nella parte motiva, ha richiamato soltanto l’articolo 727 Cp, ipotesi contravvenzionale, ha comunque ritenuto che il collare in questione, di tipo elettrico, è un congegno che causa al cane un’inutile e sadica sofferenza, rendendolo aggressivo nei confronti di chiunque ed ha confermato il provvedimento del Gip.
Pertanto, pur dovendo demandarsi al successivo giudizio di merito la definitiva qualificazione giuridica del fatto, deve comunque ritenersi legittimo il sequestro preventivo avente lo scopo di evitare il protrarsi di una situazione di inutile sofferenza dell’animale costituente reato.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che con ordinanza del 5 luglio 2005 il Ministero della salute aveva previsto che l’uso del collare elettrico e di analogo strumento che provocasse effetti di dolore sui cani rientrasse nella disciplina sanzionatoria prevista dall’articolo 727 Cp.
Peraltro l’efficacia di detta ordinanza era stata limitata nel termine di un anno a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione avvenuta nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 9 luglio 2005.

Doveva quindi concludersi che alla data dell’accertamento l’uso del collare antiabbaio non fosse penalmente sanzionato.

Anche il secondo motivo è infondato.

L’uso del collare antiabbaio, a prescindere dalla specifica ordinanza ministeriale e dalla sua efficacia, rientra nella previsione del codice penale che vieta il maltrattamento degli animali e nel caso in esame il referto medico del veterinario richiamato nella richiesta di sequestro preventivo attestava lo stato di sofferenza dell’animale.
In proposito questa Corte ha precisato che costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo quanto meno al reato di cui all’articolo 727 Cp ogni comportamento produttivo nell’ animale di sofferenze che non trovino giustificazione nell’insuperabile esigenza di tutela non altrimenti realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili, ancorché non limitati a quelli primari cui si riferisce l’articolo 54 Cp, rimanendo quindi esclusa detta giustificazione quando si tratti soltanto della convenienza ed opportunità di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell’animale che possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento (v. per tutte Cassazione, Sezione terza, sentenza 43230/02).

Va quindi respinto anche il secondo motivo di impugnazione.
Consegue al rigetto del ricorso l’obbligo della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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