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Lo sviluppo comportamentale del cane

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Messaggio  isabella basiglio 09.05.11 9:30

Lo sviluppo comportamentale del cane

Clara Palestrini
Marina Verga

Istituto di Zootecnica,
Facoltà di Medicina
Veterinaria,
Università di Milano


Il comportamento di un animale si sviluppa attraverso una serie di “fasi” che sono strettamente collegate all’evoluzione neuro-sensoria e alla maturazione individuale.
In relazione a ciò vengono qui descritti i comportamenti del cane durante la sua fase di crescita

IL RAPPORTO UOMO-ANIMALE è antichissimo e si è evoluto con una lenta e continua trasformazione.
Attraverso il complesso processo di domesticazione, alcune specie animali hanno subito un evoluzione maggiormente correlata a quella umana, venendo progressivamente inserite nell’ambiente più strettamente gestito dall’uomo.
In questo contesto la relazione uomo-cane ha assunto particolare importanza.
L’adattamento ha modificato la peculiarità di questo legame:
da una parte questo rapporto ha assunto un ruolo sempre più preponderante all’interno del nucleo familiare, sia per quanto concerne l’aspetto sociale, che quello affettivo;
dall’altra non sempre tale relazione è supportata da una conoscenza adeguata delle caratteristiche comportamentali dell’animale che consente una buona gestione del rapporto.
Questo ha contribuito all’incremento notevole sia dell’insorgenza di disturbi comportamentali o “etoanomalie”, sia dell’intolleranza nei comportamenti che, pur essendo “normali” per il repertorio specie-specifico, vengono considerati indesiderabili dal proprietario.
Si definiscono comportamenti “anormali” o “etoanomalie” quei comportamenti che si discostano quantitativamente o qualitativamente dalle caratteristiche del repertorio comportamentale della specie, in relazione al contesto e alla frequenza di emissione, alla presenza percentuale nella popolazione e al significato biologico.
Il comportamento di un animale rappresenta il risultato di una complessa combinazione di fattori genetici ed ambientali, nei quali rientra l’atteggiamento del proprietario; tali fattori, variano enormemente da caso a caso.
Gli studi fino a ora condotti lasciano ancora spazio a molti interrogativi riguardo alla reale influenza dell’atteggiamento del proprietario sui comportamenti manifestati dal cane, soprattutto nel campo della patologia comportamentale.
E’ certo comunque che alcune scelte e atteggiamenti compiuti dal proprietario possono influenzare lo sviluppo comportamentale del cane.


ETOGRAMMA E SVILUPPO COMPORTAMENTALE

Nel rapporto uomo-animale la conoscenza etologica consente di esaminare i comportamenti nel loro insieme, verificandone l’origine, le caratteristiche e le relazioni con l’ambiente esterno ed interno al soggetto che le manifesta.
Con il termine”etogramma” si intende il repertorio comportamentale specifico, determinato sia dall’evoluzione filogenetica della specie che dallo sviluppo ontogenetico del singolo individuo.
L’etogramma, come sostiene Eibl Eibensfeldt (…in “I fondamenti dell’Etologia” di Eibl Eibensfeldt, Adelphi, Milano, 1995 …), comprende la gamma completa delle “reazioni” normali.
I componenti dell’etogramma sono costituiti da tutti i comportamenti tipici della specie, sviluppatisi in funzione della loro adeguatezza e corrispondenza alla necessità di adattamento, in relazione all’habitat e alle sue modificazioni.
L’etogramma si può suddividere in una serie di “classi comportamentali”, come ad esempio il comportamento sessuale, riproduttivo, materno o alimentare, a loro volta suddivisibili in “moduli comportamentali” specifici, presenti in tutti i membri della stessa specie.
Le diverse classi comportamentali e i diversi moduli d’azione rispondono a precise esigenze di sopravvivenza individuale e di specie, rappresentano cioè la possibilità di soddisfare i cosiddetti “bisogni primari” individuali per cui il neonato deve riuscire a trovare nutrimento, riparo e calore, e di specie, per cui l’adulto deve riuscire a trovare il partner per riprodursi e consentire la sopravvivenza di parte del suo patrimonio genetico.
I comportamenti finalizzati alla soddisfazione dei bisogni primari si manifestano a prescindere dall’apprendimento: la ricerca dei capezzoli materni e il riflesso di suzione devono essere necessariamente presenti in tempi estremamente rapidi, subito dopo la nascita , pena l’impossibilità di sopravvivere.
Tali comportamenti “di base” trovano origine in substrato definibile come “innato”, cioè determinato geneticamente: essi possono essere tuttavia anche soggetti a sviluppo e perfezionamento in seguito all’esperienza, o meglio ad apprendimento.
Il comportamento costituisce quindi un fenotipo complesso, determinato sia dal patrimonio genetico, sia dall’esperienza individuale.
L’interazione tra basi genetiche ed esperienza può spiegare il motivo per cui non è possibile una netta distinzione tra comportamenti “totalmente innati” o “totalmente appresi”.
Tra gli elementi determinanti nella comparsa dei vari comportamenti, vi è il concetto di motivazione ad agire, ovvero della predisposizione all’azione, che tramite meccanismi di percezione e reazione, in funzione dello stato fisiologico e motivazionale, risponde ai diversi stimoli provenienti sia dall’ambiente esterno che interno all’organismo.
Quindi, tale motivazione dipende da stimoli interni come la fame e la sete, sia dalla percezione di “stimoli chiave” , cioè elementi ambientali con caratteristiche tali da venire percepiti in modo preferenziale rispetto ad altri: in questo modo essi sono in grado di scatenare al momento giusto la risposta più opportuna ai fini dell’adattamento.
Ogni animale percepisce dunque, con i propri organi di senso, stimoli particolari che discrimina e privilegia nell’ambiente, e ciò determina progressivamente anche la formazione del mondo soggettivo.
Per questo la conoscenza del comportamento e delle sue determinanti non può prescindere da quella delle caratteristiche percettivo-sensorie di ogni specie.
Anche il cane domestico ha, nel proprio repertorio comportamentale, una vasta serie di comportamenti e di segnali tipici e comprensibili dai suoi conspecifici; tali caratteristiche, che si sviluppano secondo tappe ben precise durante le fasi di vita, sono da porre in relazione con la progressione dello sviluppo neuro-sensorio.


APPRENDERE PER SOPRAVVIVERE

La sopravvivenza dipende non soltanto dalla capacità di adattarsi attraverso la risposta a particolari stimoli o la manifestazione di comportamenti filogeneticamente programmati, ma anche dalla capacità di utilizzare l’esperienza grazie alle varie forme di apprendimento.
Apprendere presenta un indubbio vantaggio per la possibilità di sopravvivere, in quanto fornisce maggiori capacità di adattamento in relazione alle modificazioni dell’ambiente: ad esempio la plasticità in merito alle fonti di cibo può consentire di cambiare le abitudini alimentari e di sopravvivere anche alle variazioni in questo senso dell’habitat.
Sulla base delle predisposizioni innate, ogni soggetto impara quanto l’ambiente gli insegna: in natura tale processo si svolge solitamente in modo graduale, durante l’ontogenesi (sviluppo dell’individuo n.d.r.), attraverso gli insegnamenti dei conspecifici, in particolare della madre, e in funzione delle risposte, positive o negative, che l’ambiente fornisce all’emissione di ogni comportamento.
L’apprendimento si fonda sia sulla predisposizione specie-specifica, sia sulla presenza di un substrato nervoso che consente di imparare, immagazzinare e memorizzare informazioni.
Proprio il fatto che vi siano queste possibilità già presenti nell’organismo, in seguito allo sviluppo filogenetico della specie, consente che i moduli comportamentali già pronti possano entrare in azione quando è necessario e che si modifichino in funzione sia dell’età del soggetto, sia delle situazioni contingenti ambientali.
Durante l’ontogenesi individuale questi comportamenti si perfezionano attraverso l’apprendimento conseguente all’interazione con l’ambiente.
Per quanto riguarda i nostri animali domestici, l’ambiente è costituito in ampia misura dall’uomo e dalla sua gestione.
Dunque gran parte della loro possibilità di adattamento dipendono sia dalla capacità di imparare da quest’ultimo, sia dalla capacità di quest’ultimo di insegnare agli animali a manifestare i comportamenti adeguati all’ambito fisico e sociale in cui gli animali sono inseriti.


FASI DI SVILUPPO COMPORTAMENTALE NEL CANE DOMESTICO

--Fase neonatale (prima-seconda settimana)
-comportamenti riflessi
-ricerca di riparo
-ricerca di cure parentali
-dipendenza completa dalla madre

--Fase di transizione (terza settimana)
-maturazione neuro-sensoria
-miglioramento delle capacità percettive

--Fase di socializzazione (dalla terza alla decima dodicesima settimana)
-svezzamento
-imprinting
-riconoscimento di specie

--Fase giovanile (dalla decima-dodicesima settimana alamaturità)
-socializzazione secondaria
-sviluppo comleto del gioco e degli schemi comportamentali


FASI DI SVILUPPO COMPORTAMENTALE

Il comportamento si sviluppa, durante l’ontogenesi, attraverso una serie di “fasi”, che sono strettamente collegate allo sviluppo neuro-sensorio e alla maturazione individuale, con tempi diversi in relazione alle caratteristiche di ogni specie.
Fasi di sviluppo differenziate sono presenti anche negli animali domestici ed il loro collocamento temporale varia in funzione della specie e della strategia materna e neonatale adottata.
I neonati si distinguono, in funzione dei tempi di sviluppo e di raggiungimento dell’autonomia individuale, in “precocial”, con tempi di maturazione rapidi, e “altricial”, più inetti e totalmente dipendenti dalla madre e dall’ambiente più a lungo dopo la nascita.
Il cane viene considerato una specie non precoce, in quanto ha bisogno di un tempo piuttosto lungo per rendersi autonomo dalle cure parentali.
Alcuni autori distinguono inoltre un periodo “pre-natale” , importante per lo scambio di informazioni tra madre e feti e per la ripercussione dello stato di stress che essa può sviluppare.
La conoscenza di questi elementi, anche se attualmente ancora molto frammentaria, sembra indispensabile, sia perché possono modificare profondamente alcuni principi selezione nell’allevamento, sia perché sembra che la loro gestione costituisca già un punto essenziale nella profilassi di alcuni disturbi dello sviluppo.

Fase neonatale
Nel periodo “neonatale” i cuccioli sono inetti, non vedono, non sentono e riescono trovare il capezzolo solo tramite le capacità tattili e olfattive.
Per la maggior parte del tempo i cuccioli mangiano e dormono. La minzione e la defecazione non avvengono spontaneamente ma devono essere indotte dalla stimolazione dell’area anogenitale a cui provvede la madre leccando i cuccioli; questi ultimi si muovono con gli arti anteriori trascinando gli arti posteriori.
Durante la fase neonatale il cucciolo è ancora immaturo dal punto di vista neuro-sensorio, ma manifesta una serie di “riflessi” caratteristici di tipo posturale, come la rotazione del capo che porta al ritrovamento del cibo e alla successiva suzione.
Alcune ricerche hanno evidenziato che la percentuale del tempo di sonno, nel cucciolo neonato è del 96% e che un’alta percentuale di questo è costituita dal sonno REM, o sonno paradosso, che occupa circa l’85% del sonno totale a 7 giorni di vita.

Fase di transizione
La seconda fase di sviluppo è il periodo di “transizione”, caratterizzato da uno sviluppo rapido, sia fisico che nervoso. Durante tale periodo, proprio in seguito alo sviluppo degli organi sensoriali, i cuccioli incominciano a percepire moltissimi stimoli; gli occhi sia aprono tra il decimo ed il sedicesimo giorno, sebbene l’acuità visiva sia scarsa. Le orecchie si aprono e incominciano a rispondere agli stimoli uditivi a 14-18 giorni, mentre la sedicesimo giorno riescono a localizzare un suono. I cuccioli urinano e defecano spontaneamente, spesso imitando la madre nella scelta del luogo in cui deporre gli escrementi, che per altro la cagnea continua ad ingerire per alcune settimane. I cuccioli riescono a sorreggersi sulle quattro zampe da dodicesimo al quattordicesimo giorno, sebbene non siano in grado di rimanere seduti o in piedi come un adulto normale fino al ventottesimo giorno.
L’eruzione dei denti inizia nel periodo di transizione, e i cuccioli si mordicchiano tra di loro ed iniziano a giocare maldestramente e a ringhiare.

Fase di socializzazione
All’interno delle varie fasi di sviluppo, il “periodo di socializzazione”, che va dalla terza alla dodicesima settimana di vita, riveste particolare importanza dal punto di vista comportamentale.
Durante il periodo di socializzazione, il cucciolo diventa capace di distinguere i diversi stimoli ambientali, di rispondervi e di apprendere dall’esperienza.
In particolare l’esplorazione e il gioco sociale divengono attività importanti, soprattutto per ciò che concerne la socializzazione sia con le persone, sia con i conspecifici.
I cuccioli familiarizzano con l’ambiente circostante, con il resto della cucciolata, con la madre e con gli stessi umani.
Si formano le gerarchie di dominanza, si sviluppa il comportamento di esitamento e, dall’ottava settimana,si notano le reazioni di paura. All’inizio di questa fase, che alcuni autori indicano come “periodo sensibile o critico” per la socializzazione, i cuccioli tendono ad avvicinarsi agli stimoli sociali, mentre dopo la quinta settimana tale risposta si riduce, lasciando il posto ad una reazione di esitamento nei confronti di stimoli non noti.
In pratica, ciò permette al cane di riconoscere, in un periodo limitato, gli elementi sociali positivi presenti nell’ambiente e di discriminarli successivamente rispetto agli estranei. La socializzazione può poi essere estesa, tramite un processo di generalizzazione, anche eterospecifici, che in genere per il cane domestico sono rappresentati da soggetti umani.
Tra gli elementi che contribuiscono alla socializzazione è importantissimo il gioco, che in questa fase ha la frequenza più elevata e implica anche lo strutturarsi di una sorta di gerarchia sociale tra i cuccioli.
Si hanno infatti forme di gioco pseudo-agonistico e aggressivo, in cui i cuccioli si trasmettono segnali di dominanza e sottomissione,che consentono loro di imparare a inibire la propria e altrui capacità di infliggere dolore, soprattutto tramite il gioco e l’uso dei denti.
I cuccioli incominciano giocare all’età di tre settimane, afferrandosi con la bocca reciprocamente soprattutto per la testa.
Quando la forza dei cuccioli aumenta e quando erompono i denti, il prendersi con la bocca diventa un vero e proprio piccolo morso. Cuccioli di quattro settimane possono mordere dolorosamente, ma in questo caso le violente reazioni dei fratelli e in particolare della madre insegnano ad inibire la forza del morso.
Entro la fine di questo periodo si completa il processo di svezzamento.
I cuccioli diventano più attivi ed i tempi di sonno REM si riducono al 7% a cinque settimane di vita. Intorno alla sesta ottava settimana di vita si ha anche un aumento nella quantità e nell’intesità delle vocalizzazioni del disagio, in risposta allo stress prodotto dalla separazione dalla cucciolata o da un luogo familiare. Verso le sei settimane di vita compare il “gioco sessuale” , con pseudo-monte soprattutto nei cuccioli maschi.
La presenza del gioco è anche un utile indicatore per valutare lo stato sanitario del cucciolo; infatti, la sua mancanza tra le tre e le nove settimane di vita può indicare la presenza di una patologia. Cuccioli di cani svezzati e allontanati dal gruppo prima del periodo della socializzazione possono, da adulti, evitare o aggredire gli altri cani o comunque sviluppare comportamenti sociali inappropriati nei confronti di cospecifici, non saranno in grado di giocare e sarà difficile farli accoppiare. Inoltre, un cane che non abbia avuto la possibilità di interagire con altri individui della sua specie sarà troppo orientato verso le persone. La socializzazione verso gli uomini è altrettanto importante; un cane che ha avuto pochi contatti fino alla quattordicesima settimana di vita difficilmente diverrà un buon animale domestico. Ciò è tipico dei cani allevati in canile, i quali hanno un buon grado di socializzazione con i cospecifici, ma vando avuto esperienze limtate con gli uomini, risultano spesso soggetti timidi e difficilmente educabili.
Lo sviluppo del comportamento del cane è condizionato non solo dall’assenza o dalla presenza del contatto umano, ma anche dalla sua qualità; i cuccioli manipolati dall’uomo sono più attivi, esplorativi e socievoli verso quest’ultimo.

Fase giovanile.
Il periodo successivo, la “fase giovanile”, può estendersi dalla dodicesima settimana di via fino alla maturità sessuale, intorno ai sei mesi.
Tuttavia, la maturità “sociale” viene raggiunta successivamente, anche a diciotto mesi.
Durante il periodo giovanile il cane aumenta di taglia e perfeziona i suoi moduli comportamentali.


CONCLUSIONI

L’analisi del comportamento può indicare la presenza di elementi ambientali stressogeni durante l’ontogenesi, e quindi le successive difficoltà di adattamento a questi collegate.
Un processo di sviluppo comportamentale corretto consente al cane di affrontare le varie situazioni ambientali, reagendo adeguatamente agli eventuali stressori.
L’esperienze vissute dal cucciolo durante il “periodo sensibile” tendono a determinare il tipo di stimoli a cui si adatterà, e di persone, animali, luoghi per cui proverà un legame affettivo. Nella strategia di adattamento giocano un ruolo fondamentale sia le caratteristiche individuali dell’animale, che quelle dell’ambiente di vita, che comprende anche le interazioni con il proprietario. Quindi, particolare attenzione andrebbe prestata all’osservazione del cucciolo durante le sue fasi di sviluppo, sia per identificarne le caratteristiche individuali, sia per favorire una corretta socializzazione con i conspecifici e l’uomo, che per indirizzarne adeguatamente l’educazione.

Fonte Cane da Presa Meridionale
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